La presenza di un dolore nel distretto oro-facciale viene generalmente messa in relazione con un elemento dentario nei suoi vari aspetti, pulpare, parodontale o periapicale, o con l’articolazione temporo-mandibolare e i muscoli ad essa connessi.

Tuttavia, qualche difficoltà  sorge nel momento in cui ci si trovi a gestire un dolore facciale od orale persistente che non si riesca ad attribuire ad alcuna delle situazione sopra elencate, situazione questa che, secondo alcuni autori, può verificarsi anche nel 20-30% dei casi di dolore persistente.

Nel 2004 l’International Headache Society (I.H.S.) ha inquadrato un vasto gruppo di disturbi caratterizzati da una sintomatologia dolorosa nel distretto oro-facciale, suddividendoli in 3 grandi categorie: la prima, caratterizzata da dolori di origine neurologica in cui rientrano la nevralgia trigeminale essenziale e secondaria; la seconda, caratterizzata da dolori di origine neuro-vascolare e tensiva (cefalea a grappolo, emicrania, emicrania muscolo-tensiva) e la terza rappresentata dal dolore facciale idiopatico persistente, termine generico che comprende diverse manifestazioni ad eziologia ignota, con caratteristiche cliniche comuni che probabilmente corrispondono ad una stessa malattia che si esprime in sedi diverse: a livello osseo (dolore facciale atipico), dentale (odontalgia atipica), ATM (artromialgia o dolore temporo-mandibolare idiopatico), mucosa orale (sindrome della bocca che brucia) (Headache Classification Subcommittee of the International Headache Society.

Prendere in considerazione tali condizioni patologiche, nel momento in cui non si riesca ad identificare con precisione una relazione tra sintomo dolore ed elemento dentario nei suoi vari aspetti, significa indirizzare il paziente verso la risoluzione del problema, ma soprattutto evitare inutili accanimenti terapeutici, quali aperture di camere pulpari o ritrattamenti endodontici o estrazioni dentarie, nel tentativo di collegare  a tutti i costi  il sintomo dolore all’elemento dentario.

LA NEVRALGIA DEL TRIGEMINO

 La nevralgia del trigemino (V° nervo cranico) è un disordine neuropatico caratterizzato da episodi di intenso dolore nelle branche del nervo più frequentemente interessate, la branca mascellare e mandibolare.

La nevralgia del trigemino viene distinta in una forma secondaria e in una forma essenziale o idiopatica.

La nevralgia del trigemino secondaria riconosce un motivo eziopatogenetico ben preciso:

  1. processi patologici a carico di vari organi (pulpiti, parodontiti, artrosi temporo-mandibolare, otiti, meningiti, osteiti, infiammazioni irido-coroidee);
  2. processi infettivi o virali sistemici (herpes zoster, influenza, malaria, tifo);
  3. danni meccanici (traumi cranici, malformazioni ossee, tumori dell’angolo ponto-cerebellare, aneurismi arteriosi, cisti);
  4. sindromi neurologiche sistemiche (sclerosi a placche, tabe, sindromi talamiche, siringo-bulbia).

La nevralgia del trigemino essenziale o idiopatica invece non riconosce una causa nota e la sua  eziologia è ancora tutta da identificare. Attualmente si tende a ritenere che nella eziopatogenesi rientrino conflitti neuro-vascolari di contatto tra convoluti venosi e soprattutto arteriosi anomali o anche dilatati, del circolo emissario dell’arteria basilare e delle arterie vertebrali o cerebellari.

Sulla base di osservazioni clinico-sperimentali infatti, la compressione del trigemino da parte di vasi sanguigni, in seguito ad una progressiva demielinizzazione della guaina, può condurre alla comparsa di depolarizzazioni anomale, effettivamente in grado di determinare una sintomatologia molto simile a quella sperimentata nella forma essenziale.

La nevralgia essenziale è la forma più comune di dolore facciale nella popolazione con più di 50 anni ed ha un impatto significativo sulla qualità  di vita e sull’euilibrio psicologico del paziente.

I vari studi epidemiologici hanno indicato un’incidenza annuale di circa 4-5 nuovi casi ogni 100.000 persone e una prevalenza per il sesso femminile con un rapporto di 3:2.

 CLINICA

Le caratteristiche del dolore differenziano la forma essenziale da quella secondaria.

Nella forma secondaria il dolore è continuo, meno violento rispetto alla forma essenziale e le crisi dolorose durano anche 20-30 minuti; l’area dolorosa è sempre quella di pertinenza trigeminale ma si estende in modo più sfumato e diffuso; non esiste sempre il periodo refrattario tra una crisi dolorosa e l’altra e non sono rilevabili trigger points la cui pressione è in grado di scatenare il dolore.

La nevralgia essenziale o primitiva del trigemino, invece, è caratterizzata quasi sempre da dolore monolaterale (interessa più frequentemente il lato destro) con solo circa il 3-4% di casi di bilateralità , di breve durata (pochi secondi), forte, acuto in uno o più rami del quinto nervo cranico (la branca mascellare e quella mandibolare del nervo sono quelle più colpite), talvolta associato a spasmi della muscolatura facciale a cui seguono vere e proprie contratture che conferiscono la tipica mimica espressiva nota come tic doloroso.

Il dolore può insorgere spontaneamente o in seguito alla stimolazione di determinati punti trigger, ovvero zone cutanee o mucose; tali trigger points sono localizzati alla piega cutanea nasolabiale, all’angolo della bocca, al bordo vermiglio labiale, all’angolo esterno della palpebra e al forame mentoniero. La crisi dolorosa può quindi essere innescata da stimoli ordinari, quali masticare, bere, parlare, spazzolare i denti, lavarsi, radersi, truccarsi, aver freddo o caldo.

Le crisi dolorose possono presentarsi più volte nella stessa giornata e, di norma, nei periodi intermedi non si ha alcun dolore (periodo refrattario). All’inizio gli attacchi sono radi, ma con l’evolversi della patologia la frequenza, l’intensità  e la durata degli attacchi dolorosi possono aggravarsi e prolungarsi e spesso, anche durante i periodi refrattari, permane una sensazione di dolore.

L’International Headache Society (I.H.S.) cita i seguenti criteri per descrivere la nevralgia del trigemino essenziale (Headache Classification Subcommittee of the International Headache Society, 2004):

  1. Dolore parossistico che dura da una frazione di secondo a 2 minuti e che coinvolge uno o più rami del nervo trigemino.
  2. Il dolore ha almeno una delle seguenti caratteristiche: intenso, acuto, lancinante tipo una pugnalata. scatenato da zone trigger o da stimoli trigger.
  3. Le crisi dolorose sono ben descritte, come da manuale, dal paziente.
  4. Non ci sono segni di disordini neurologici.
  5. Gli attacchi non sono in relazione con cause secondarie.

Dalle considerazioni sin qui esposte risulta fondamentale il ruolo dell’anamnesi nella diagnosi di nevralgia del trigemino e nella diagnosi differenziale tra la forma essenziale e le forme secondarie.

Allo scopo sono state suggerite 6 domande da rivolgere al paziente:

  1. Il dolore si presenta con attacchi improvvisi?
  2. La maggior parte degli attacchi sono di scarsa durata (secondi o minuti)?
  3. A volte gli attacchi sono estremamente brevi?
  4. Sono attacchi monolaterali?
  5. Gli attacchi si presentano nella regione del nervo trigemino?
  6. Gli attacchi sono accompagnati da manifestazioni monolaterali involontarie?

 Una volta indirizzata la diagnosi verso nevralgia del trigemino occorre eseguire tutta una serie di indagini che confermino o meno l’orientamento clinico verso una forma secondaria piuttosto che essenziale. La risonanza magnetica (RMN) è indicata per rilevare una compressione sospetta del nervo nella fossa cranica posteriore o per escludere patologie specifiche quali tumori, sclerosi a placche, o altre patologie di pertinenza neurologica.

TERAPIA

Il trattamento di un paziente con nevralgia essenziale del trigemino idiopatica dovrebbe essere multidisciplinare. La terapia conservativa, mediante l’utilizzo di farmaci rappresenta generalmente il primo tentativo per controllare il sintomo dolore. Tuttavia esistono altri tipi di trattamento, di tipo invasivo, che trovano una giustificazione in casi di dolori refrattari alla terapia medica.

Trattamenti conservativi:  il farmaco di prima scelta è la Carbamazepina  (TEGRETOL cp 200-400 mg). Anche l’oxcarbazepina (Tolep cpr 300-600 mg) ha mostrato un’efficacia simile.

Trattamenti invasivi: se il trattamento medico è infruttuoso o presenta effetti collaterali importanti, si puà ricorrere ad interventi che comprendono:

  1. Decompressione microvascolare chirurgica (MVD)
  2. Radioterapia stereotassica con radiazioni Gamma, nota come Gamma Knife.
  3. Microcompressione del ganglio di Gasser con aerostato.
  4. Rizolisi chimica percutanea retrogasseriana con glicerolo puro (PRGR).
  5. Trattamento percutaneo di radiofrequenza (RF) del ganglio di Gasser.
  6. Stimolazione/neuromodulazione del ganglio di Gasser (in fase sperimentale).

Generalmente, la MVD è il trattamento di prima scelta nei pazienti più giovani, per quanto riguarda la qualità di vita ed il controllo del dolore a lungo termine.

Per il paziente anziano, il trattamento che applica la terapia di radiofrequenza del ganglio di Gasser spesso è preferito sulla MVD.

 

DOLORE FACCIALE IDIOPATICO PERSISTENTE (P.I.F.P.)

Il P.I.F.P. definisce tutta una serie di dolori persistenti ad eziologia ignota, con caratteristiche cliniche simili, che interessano sedi anatomiche differenti che vanno dal massiccio facciale in sede ossea, all’elemento dentario isolato, all’articolazione temporo-mandibolare o alla mucosa orale.

Non esiste a tutt’oggi un chiara ed univoca classificazione nosologica che tenga conto della diversa sede interessata dal dolore.

In passato ed ancora oggi alcuni autori utilizzano il termine “dolore facciale atipico” per definire un dolore facciale idiopatico con interessamento prevalentemente osseo del massiccio facciale, differenziandolo dalla “odontalgia atipica” per definire un dolore idiopatico che interessa l’elemento dentario, dalla “artromialgia” quando viene interessata l’ATM e dalla “sindrome della bocca che brucia” quando c’è interessamento della mucosa orale.

Alcuni autori sostituiscono il termine “dolore facciale atipico” identificandolo nel termine stesso di P.I.F.P., altri fanno addirittura un fascio comune di tutte questi termini, raggruppandoli tutti sotto il termine generico di P.I.F.P.

Nonostante l’attuale confusione nei termini da utilizzare per definire tali condizioni morbose, il presente capitolo fa riferimento ad una patologia ad eziologia ignota che definisce un dolore persistente che può interessare  differenti distretti del massiccio facciale.

La precisa incidenza della patologia è sconosciuta in quanto la mancanza di una chiara definizione trova come conseguenza la limitatezza di studi epidemiologici al riguardo. Tuttavia è noto che si tratta di una patologia riguardante la popolazione anziana e che colpisce in particolar modo le donne con un rapporto 2:1.

L’eziopatogenesi del P.I.F.P. è sconosciuta. Non sono state evidenziate anomalie nell’area somato-sensoriale della corteccia cerebrale o di altre zone dell’encefalo.

Trattandosi di una patologia più comune tra le donne è stato ipotizzato un ruolo degli ormoni femminili, ruolo per altro mai confermato. Per molti anni, è stata anche sostenuta un’origine di tipo psicologico, con un legame tra depressione e P.I.F.P. In realtà  non è mai stato del tutto chiaro se la depressione sia la causa piuttosto che la conseguenza del P.I.F.P.

Altre ipotesi prendono in considerazione l’osteoporosi che può produrre nevralgie come risultato di piccole zone di osteonecrosi. Anche diverse infezioni odontogene, le quali sono tra le patologie da escludere per fare diagnosi di P.I.F.P., sono state considerate fattori causali che possono contribuire all’insorgere della sintomatologia.

La I.H.S nella classificazione del 2004 ha sottolineato le seguenti caratteristiche patognomoniche per il P.I.F.P.:

  • Mancanza di una precisa distribuzione neuro-anatomica
  • Continuità temporale
  • Mancanza di punti trigger
  • Scarsa risposta alla somministrazione di Carbamazepina

Associate al dolore facciale sono state descritte situazioni patologiche quanto mai varie: cefalea, dolore cervicale o lombare, sindromi somatiche funzionali, sindrome ansiosa reattiva o psicosi, talvolta episodi di disestesia, parestesia o sensazioni di intorpidimento.

 CLINICA

Nella variante prevalentemente ossea, definita da alcuni autori “dolore facciale atipico”,  il dolore, nelle prime fasi,  può presentarsi in sede monolaterale e confinato ad una certa area anatomica, E’ presente tutto il giorno o in gran parte di esso. Una caratteristica fondamentale per la diagnosi differenziale è che il dolore tende a sparire durante il sonno.  

Seppur la causa del P.I.F.P. sia ignota il paziente spesso racconta l’esordio della sintomatologia in corrispondenza di un precedente trauma o un’estrazione dentaria o altri tipi di interventi odontoiatrici.

La localizzazione della sintomatologia ad un elemento dentario rappresenta una variante localizzata  del P.I.F.P.  (odontalgia atipica o dolore da deafferentazione).

Si tratta di una sindrome dolorosa di particolare importanza in ambito odontoiatrico poichè si presenta come un dolore persistente nella sede in cui è stato estratto o curato un dente in assenza di qualsivoglia processo patologico in atto. Nella pratica odontoiatrica presenta un’incidenza relativamente frequente. L’eziologia dell’odontalgia atipica è spesso attribuita a danni neurologici o vascolari provocati dall’intervento odontoiatrico. Presenta sintomi sovrapponibili a quelli della P.I.F.P. ad eccezione di quelli che interessano il volto.

Quando la sintomatologia dolorosa interessa prevalentemente l’ATM si parla di “artromialgia o dolore temporo-mandibolare idiopatico”.

La diagnosi di P.I.F.P. nelle sue diverse localizzazioni si basa sull’ esclusione di altre condizioni cliniche che possono causare tale sintomatologia. Gli esami strumentali e di laboratorio (Ortopantomografia, TC, RMN) non hanno un’indicazione specifica  ma possono essere utili tests addizionali in grado di escludere  cause note.

Ogni paziente con diagnosi presunta di P.I.F.P. deve essere attentamente valutato, chiedendo via via la collaborazione di specialisti quali neurologi, otorinolaringoiatri, maxillo-facciali od oculisti per escludere patologie che possano giustificare tale sintomatologia.

E’ utile ricordare che in alcuni casi un dolore unilaterale facciale riferito può essere secondario a patologie neoplastiche non ancora diagnosticate come un tumore naso-faringeo o un carcinoma polmonare che infiltra o comprime il nervo vago. Questa ultima situazione può determinare un dolore unilaterale e localizzato vicino all’orecchio, alle ossa mascellari e alla regione temporale.

Per fare diagnosi di P.I.F.P. devono essere escluse tutta una serie di patologie di varia pertinenza che si possono esprimere in un dolore in sede oro-facciale (Tabella 1).

 TERAPIA

Il trattamento di queste forme rimane spesso difficoltoso e con scarse soddisfazioni. Un aspetto di fondamentale importanza è che il paziente deve avvertire che il medico comprende e crede al suo dolore.

Alcuni lavori hanno dimostrato una moderata efficacia del trattamento farmacologico con antidepressivi triciclici, anche se mancano studi clinici controllati. L’efficacia di questi farmaci è stata ipotizzata indipendentemente dal loro effetto antidepressivo. Infatti il miglioramento è stato ottenuto in pazienti senza disturbi psichiatrici, e in dosi e tempi più brevi rispetto a quelli che si hanno in soggetti depressi. L’efficacia degli antidepressivi triciclici sembra essere  legata alla loro azione sulla componente discriminatoria del dolore. Il farmaco di prima scelta è¨ l’Amitriptilina (Laroxyl 10-25 mg), con un dosaggio di 25-100 mg/die. Risultati positivi sono stati riportati anche per la Venlafaxina (Efexor 75-150 mg) e la Fluoxetina (Fluoxetina Hexan 20 mg).

Terapie chirurgiche invasive sono sconsigliate nei pazienti con diagnosi di P.I.F.P. Sono state proposte nel tempo la decompressione vascolare trigeminale e la stimolazione profonda dell’ipotalamo, ma entrambe le tecniche non hanno prodotto risultati soddisfacenti.

 

 

DOLORE FACCIALE

SECONDARIO A CAUSE NOTE

 

 

SPECIALISTA A CUI INVIARE  IL PAZIENTE per una DIAGNOSI DIFFERENZIALE con  P.I.F.P.:

Disordini  nervi cranici, compressione trigeminale, neurite del nervo otico idiopatica o secondaria a diabete,  herpes zoster, nevralgia post-erpetica,

Nevralgia glosso-faringea

Nevralgia del nervo intermedio

Nevralgia laringea superiore

Nevralgia naso-ciliare

Nevralgia sopra-orbitale

Nevralgia della branca terminale

Cefalea a grappolo, muscolo tensiva, Emicrania

Emicrania da contatto o inalazione con stimoli freddi

NEUROLOGO
Dolore da disordini scheletrici

Dolore causato da compressione, irritazione o lesione nervi cranici

 

CHIRURGO MAXILLO-FACCIALE

 

 

Glaucoma,

Anomalie di rifrazione,

Strabismo

Sindrome di Tolosa-Hunt

 

OCULISTA

 

Sinusiti,

Patologie auricolari

OTORINOLARINGOIATRA
Patologie dentali note

Disordini temporo-mandibolari noti

ODONTOIATRA

Tabella 1: patologie che possono esprimersi con un dolore nel distretto oro-facciale e che devono essere prese in considerazione nella diagnosi differenziale con il dolore facciale idiopatico persistente.